Serramento diventa oggetto del desiderio | MinimalFrames.it
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WISHLIST. Il serramento diventa oggetto del desiderio.

A cura di arch. Cinzia Pagni

Una famosa favola ripeteva specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?

Oggi il più bello del reame, il più ambito oggetto del desiderio di chi ristruttura una casa, è il serramento grande con ante scorrevoli, ampie vetrate e profili sottili possibilmente a tutta altezza. Oggi avere delle grandi pareti vetrate al posto di pareti cieche è diventato un must, un desiderio sempre più sentito, in cima alle priorità che il committente fin dal primo colloquio con l’architetto cerca di inserire nella wishlist dei suoi desideri. Questo va spesso di pari passo con la scelta di avere un soggiorno con il balcone o per i più fortunati un terrazzo che amplifica lo spazio del living.

Le soluzioni tecniche offerte dai produttori sono tante e gli incentivi fiscali hanno sicuramente dato un motivo in più per indirizzare il consumatore e il progettista verso questi prodotti di grande impatto visivo.

Il progetto come oggetto del desiderio


Fino a qualche anno fa quando ascoltavo i desideri e le prime idee del cliente dovevo condurre il colloquio e portare pian piano il discorso sul tema della scelta dei serramenti; dovevo con molto tatto e attenzione spiegare che era importante sceglierli fin dal principio del progetto perché avrebbe determinato molte scelte successive sia formali sul volume architettonico che distributive dello spazio interno. Mi seguivano con molto distacco su questo tema come se questa scelta non li riguardasse da vicino e fosse solo un problema tecnico da cantieristica.

Negli ultimi anni non è più così. Le cose sono molto cambiate e la scelta dei serramenti è ora un passaggio fondamentale fin dai primi incontri con il committente, quando cerco di delineare il profilo del mio committente.

Lascio inizialmente fluire le loro richieste, i loro desideri e pongo loro delle domande per capire in che tipo di casa vorrebbero vivere, che mood hanno in mente e soprattutto nel cuore. Il progettista è consapevole che quando si fa un progetto le scelte migliori sono quelle fatte con la testa, ma anche con quel pizzico di follia che ci contraddistingue.

Personalmente li immagino come se fossero i personaggi di un film che si muoveranno negli spazi che andrò a progettare a loro misura. I primi incontri sono determinanti per capire che tipo di vita si svolgerà in quegli spazi, se ci sono dei bambini, degli animali domestici, se la casa è in città o fuori città, se è una casa di vacanza o se è una casa /ufficio. Le variabili sono molte e l’architetto deve fin dai primi incontri creare una identità sulla quale andrà a lavorare per ottenere delle soluzioni personalizzate come un vero abito su misura creato per chi in quegli ambienti ci andrà a vivere.

Il cambiamento dei desideri


Il serramento diventa oggetto del desiderio. Ma i desideri cambiano nel tempo, perché cambiano le nostre esigenze, cambiano in base alle mode e come si sa quello che va di moda è soggetto a passare di moda. Negli anni Ottanta e Novanta i desideri dei committenti erano molto diversi rispetto a oggi. Gli oggetti più ambiti erano principalmente legati a nuovi status. Nella lista top dei desideri c’era l’idromassaggio, e per alcuni più fighetti il Loft con la vasca idromassaggio a vista.

Infatti per la maggior parte di loro gli spazi aperti senza corridoi e anticamere erano già stati metabolizzati; la cucina a vista sul soggiorno era un sogno alla portata dei più, perché realizzabile abbattendo qualche muro di troppo.

La cucina diventa in questi anni un luogo cool dove ricevere gli amici e cucinare insieme per condividere una nuova domesticità sempre più vicina al concetto di allestimento, di ambienti arredati con oggetti nomadi.

Protagonisti di questi spazi erano i grandi divani angolari e i pouf affiancati dai contenitori su ruote che potevano muoversi liberamente in spazi aperti e fluidi, senza la netta suddivisione tra zona giorno e zona notte.

Mai come in questi anni abbiamo avuto modo di capire i pregi e i difetti delle nostre abitazioni. Se in altri periodi una casa senza balconi era comunque apprezzata perché magari aveva altre qualità come la posizione, il piano o altre caratteristiche legate all’involucro architettonico di pregio, oggi non è più così.

L’esperienza che abbiamo vissuto ci ha segnato per sempre. Il poter guardare fuori e uscire sul balcone, poter godere di quello spazio intermedio tra il nostro appartamento e la città, poter avere un collegamento con l’esterno per mezzo di un balcone grande o piccolo che sia è diventato indispensabile per la maggior parte delle persone.

La finestra arredata


Forse è anche per questa nuova sensibilità che abbiamo sviluppato negli ultimi anni che sempre di più i progettisti tendono a sostituire parti cieche con finestre e vetrate. Lo smart working ci ha indotto a ricavare spazi di lavoro in ogni parte della casa, durante il lockdown le scrivanie delle nostre case le abbiamo ricavate da ogni superficie piana possibile per lavorare da casa e chi ha potuto le ha spostate davanti alla finestra.

I più creativi hanno arredato lo spazio davanti alla finestra nel tentativo di guadagnare quel rapporto con il fuori sul quale il grande architetto milanese Gio Ponti ha lavorato e studiato scrupolosamente molti anni.

Negli anni ’50 le finestre erano semplici vani che aprivano luci sulle pareti perimetrali degli edifici, e Gio Ponti non si limitò a disegnare una nuova finestra ma a immaginare un nuovo modo di viverla. Fu Ponti a parlare di finestra arredata, un concetto di finestra che diventava una superficie allo stesso livello di una parete. Una parete vetrata che definiva lo spazio e che consentiva di progettare e utilizzare tutte e quattro le pareti di una stanza. Ponti considera ogni superficie dello spazio architettonico un’opportunità per il progettista sulla quale lavorare e da caratterizzare, pavimenti ma anche soffitti, pareti ma anche finestre.

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